Fu così che mi uccidesti,
tra vane fughe e giustificazioni,
fuggendo da te stessa e dal mio cuore inerme,
reputandoti, più che anima, animale.
Svilendoti e uccidendo la tua divinità,
togliesti a me la luce che mi donava vita,
e fra i lontani piaceri tuoi carnali,
morii a me stesso, ed alla vita.
Rinnegasti te stessa, contro ogni evidenza,
strappasti dal tuo petto la tua umanità,
e la donasti in pasto a cani e porci.
Di te rimane solo corpo senz'anima né spirto.
Ov'è finita la donna che amai?
Ov'è quel cuore così grande
che mi rubò gli occhi?
Non v'è dolore che non abbia rimedio,
ma tu fuggisti ogni dolcezza ed ogni dono,
abdicando l'amore in nome del potere,
la tua libertà in nome degli istinti.
Tu mi portasti in dono la mia umanità,
mi facesti scoprire la mia divinità,
trovai in te l'anima gemella,
che in un impeto ribelle si partì da sé,
lasciandomi nel cuore la tua parte migliore.
Sì, dolce Pina, ch'io ti perdono,
e ti lascio andare ovunque tu voglia,
nella speranza e nell'augurio,
che tu ritrovi la tua anima bella,
nuda e ferita, che possa tu rassicurarla
e prendertene cura.
Splendore portavi nel mondo,
il tuo dolore fu fonte di vita,
la tua dolce sofferenza ti rendeva umana,
le tue lacrime ti rendeano divina.
Ma tu smettesti di esplorarti,
ed alzasti muri fra te ed il tuo fragile cuore,
sì ch'or tu pari crudele ed egoista,
e tutto vuoi per te, senza dar nulla.
Fosti Afrodite, diventasti Atena.
Fosti felice, e t'accontenti adesso
invece che d'un cor, d'un buco nero.
Vampira, trova pace, che la vita è breve.
Vinci ogni paura col coraggio,
che senza cor non trovi, e resti vinta
da ogni paura e insicurezza,
inerme, senza forza e senza vita,
e tosto ti ritrovi sballottata,
tra nulla e inferno, come Francesca,
che nella dantesca opra più non vive.
Ma Dea in potenza resti, come sei stata.
T'auguro di ritrovar te stessa e quella forza
che facea di te la miglior donna,
e Dea ti fè, nel cuore mio.
