Striscia, s'inerpica, spasima
Il nulla che si manifesta.
Ombra del potere divino
Che gioca a proiettare controluce.
Il festival delle marionette
Il teatro della litania, del rito
Del bambino divino
Annoiato dei suoi giocattoli.
È lo spirito che lo rapisce
Trasformandolo in derviscio,
In artista lallante,
In moto incontrollato,
Autentico, nel suo eterno autismo.
E vive nel non senso,
E crea forme ombrose
In raggi abbaglianti di luci e colori.
Che mistero affascinante
La vita che ne deriva
E il risolino sdentato di un Dio infantile!
Ubriaco nella meraviglia
Della sua continua scoperta,
Tutto esiste per il gioco.
È rapito, intento, assorbito,
Meditativo, eclettico, ma mai serio.
Ei prospera il formicaio
E schiaccia le sue formiche,
Chè nella sua grandezza
Crea e disfa come i tibetani.
Contempla e muove,
Immerso in sè, e perso
Nella sua solitudine eterna
È tutto, È!
E riassorbe la coscienza
Del sogno che ha creato,
In cui si è perso, solo
Per provare la sensazione
Di risvegliarsi sudato e urlante.
E ride, folle, d'una pazzia infantile,
Ingenua e solitaria.
È magia tutto ciò che muove.
